Il Capo

Il Capo, affidarsi, l’essenziale … un vero e proprio cammino … come la Quaresima! Buon tempo di grazia, amici, con Filippo!

IL “CAPO”
«Come è andata la chiacchierata con il Capo?»
«All’inizio volevo dirgliene quattro… poi ho capito che Lui “carica” la croce su chi può sopportarla (anche se ne facevo a meno )… quindi gli ho affidato tutto: me, il piccolo e Anna».
Dal suo letto d’ospedale, il Santissimo Sacramento accanto a lui e il cellulare in mano, Pippo medita la sua risposta alla domanda dell’amico sacerdote, che gli ha portato l’Eucaristia.
Ha 30 anni, dovrebbe essere in montagna con sua moglie e il piccolo che Anna porta in grembo, invece da 10 giorni è in oncologia per un tumore che non ha neppure ancora un nome. Lo staff medico non può intervenire con una terapia finché il tumore non sarà stato identificato. Intanto il tempo passa, il corpo di Filippo si fa più debole.

AFFIDARSI
La malattia sempre più ingombrante, l’idea di non veder nascere il piccolo Luca, il passare dei giorni portano Filippo faccia a faccia con la prospettiva della morte. Daniele, il suo amico “grande”, è ancora una volta il confidente: «mi diceva che sentiva che non sarebbe riuscito a vedere suo figlio. Gli sembrava strano. Ma non l’ho mai visto triste». «Conoscendo Filippo – dice -, sapevo di potergli rispondere con frasi di circostanza o dirgli di non pensarci. Sapevo che per lui il non pensarci sarebbe stato un limite nel percorso che stava cercando di compiere». Filippo vuole sempre andare al cuore delle cose. «Era un testone, faceva le cose solo quando le capiva. Credo che anche nella malattia sia stato così. In ospedale vedevo che non cercava di distrarsi, era concentrato sull’oggi, voleva capire quello che stava succedendo e viverlo fino in fondo per arrivare preparato. Si interessava alle persone più care, cercava di rispondere ai tanti messaggi, pregava. Faceva solo le cose essenziali. Spiritualmente era pronto: era lui a darmi forza e a invitarmi ad affidarmi al Signore. Ma nella pratica, parlare con me di quello che sarebbe potuto succedere, senza imbarazzo o esitazione, lo ha aiutato a sfruttare bene il tempo trascorso con Anna, a cercare di vedersi anche da soli, a dirsi tutto».

L’ESSENZIALE
Filippo e Anna pregano insieme. Nella vita spirituale si sono sempre tesi la mano, in passato era Filippo a invitarla a pregare con lui, ora è lei a farlo. Filippo chiede il bene per lei e per il loro bambino. E anche ai suoi amici, chiede di pregare per la sua famiglia: «Mi chiedeva di pregare soprattutto per lei. Era un continuo ripetere: “Anna, mi raccomando Anna. Ti prego di starle vicino”», racconta don Fabrizio. All’arrivo di Anna in ospedale, i loro amici li lasciano soli. Per un certo tempo Filippo evita di accarezzarle la pancia. Lo fa per delicatezza, non vuole che Anna si senta meno importante ai suoi occhi. È lei stessa, intuendolo, a rassicurarlo.
Tra loro, le parole diventano sempre più preziose. Li aiutano gli amici, Daniele lo consiglia a Filippo, don Fabrizio ad Anna: parlare solo dell’essenziale. «A un certo punto della malattia – racconta Anna —, Filippo e io abbiamo iniziato a parlare solo delle cose essenziali. Oggi posso dire che non c’è niente che avrei voluto dirgli e non gli ho detto, nessun rimpianto o cosa in sospeso». Gli sms si diradano, il 2 settembre Anna scrive a Filippo la terzina di un Salmo (23): «Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me». Filippo risponderà dopo tre giorni, aggiungerà: «Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza».

Sul comodino Filippo ha il sussidio di preghiere della sua diocesi, Novara. Quello stesso libretto che i colleghi gli hanno visto estrarre ogni giorno dallo zaino, sul traghetto verso il lavoro, e fermarsi a leggere. Il libretto che gli serve per la preghiera quotidiana, a sera, con Anna. Un pomeriggio il sussidio gli propone il Vangelo della porta stretta: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno». E Filippo medita, fa un altro salto, offre la sua condizione. Scrive a don Fabrizio: «Fabri, la porta si fa sempre più stretta e ho anc

ora offerto questo dolore per tutti voi».

(da Filippo Gagliardi – editrice Velar)

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